Come il wi-fi rivoluziona i trasporti
Strade intelligenti, dove i camion viaggiano in fila indiana come treni per risparmiare carburante e le auto si muovono in base ai segnali che vengono inviati da altri veicoli, dalle persone e dai segnali stradali. Non è un sogno e neppure un futuro tanto lontano, perché tutte queste tecnologie esistono già e manca davvero poco ad una implementazione su scala globale.
Lo abbiamo visto con i nostri occhi, e abbiamo anche provato cosa vuol dire essere su una macchina che “ascolta” quello che accade intorno a lui per evitare incidenti, ridurre il traffico al minimo e soprattutto inquinare meno. La tecnologia alla base di tutto non è sconosciuta e non è neppure nuova, anzi, è simile a quella che ognuno ha in casa o sullo smartphone: stiamo parlando infatti del wi-fi. Nel 2004 un gruppo di lavoro ha iniziato infatti a delineare le specifiche di una versione di wi-fi denominata 802.11p, pensata esplicitamente per un utilizzo “automotive e infrastructure” e ideata per soddisfare determinati requisiti di sicurezza, portata e latenza. Autorizzato nel 2008 dall’Unione Europea, che gli ha allocato un range di frequenze a 5.9 Ghz, questa nuova connessione wireless è diventata successivamente standard e gli è stato dato il nome di Wave, sigla che significa Wireless Access in Vehicular Environments. La certificazione di questa nuova forma di comunicazione sicura senza fili ha dato il via alla creazione di quella che viene oggi definita V2X, una sigla che dice poco ma che rivoluzionerà davvero il modo in cui ci muoveremo sulle strade tra qualche anno. “Vehicle to X”, ovvero una forma di comunicazione che mette a contatto il veicolo con qualsiasi cosa: “X” può essere un altro veicolo, un cantiere stradale, un semaforo o un mezzo di soccorso, una rete locale a medio raggio che avvisa di un ingorgo, della frenata brusca di un veicolo posto davanti a quello che ci precede e quindi fuori dal raggio di visione, dell’arrivo di un veicolo di soccorso o di un tratto stradale con asfalto scivoloso.
Come funziona la piattaforma V2X.
Una rete V2X è una rete composta da oggetti che ricevono e inviano a loro volta informazioni, senza un access point preciso. Le regole del V2X sono quelle del “broadcast”: ogni oggetto presente sulla strada trasmette dati per i veicoli che sono in ascolto, con un segnale capace di raggiungere anche un chilometro di distanza in campo aperto rimbalzando sugli edifici e sulle infrastrutture.
L’802.11p ha una latenza bassissima e soprattutto si spegne quando non viene utilizzato, una caratteristica questa simile a quella del bluetooth LE necessaria per rispamriare energia e non affollare l’etere con dati inutili.
La latenza ridotta è indispensabile per applicazioni di questo tipo, dove la reattività è fondamentale, ed è questo il motivo per il quale viene scelto il wi-fi e non il 5G: da tempo si dice che il 5G sarà il futuro dell’Internet of Thing e delle smart cities, ma il 5G sarà complementare al V2X: se un semaforo trasmetterà il suo stato alle auto tramite wi-fi, utilizzando il 5G il semaforo parlerà alla centrale operativa distante svariati kilometri e agli altri semafori per regolare il traffico.
Toyota ha già iniziato a implementare il V2X su alcune auto: le nuove Prius vendute in Giappone, ad esempio, hanno già a bordo sia il ricevitore sia il trasmettitore, ed è proprio su una Prius che siamo saliti per saggiare le potenzialità del sistema. Ogni produttore di auto potrà implementare il sistema come meglio crede: le informazioni potranno arrivare proiettate sul parabrezza, sulla plancia insieme al navigatore o sul cruscotto, l’importante è che il sistema è standard e sarà universale per tutti i veicoli.
Sicurezza e privacy, nessun rischio per gli utenti.
Macchine che dialogano, infrastrutture che ascoltano, server che elaborano e trasmettono dati: di fronte ad una struttura simile c’è da chiedersi come sono stati affrontati gli argomenti relativi alla sicurezza e alla privacy.
Prima di tutto, ci dice NXP, tutte le soluzioni implementate dai produttori sono non solo sicure ma dispongono anche di soluzioni che rilevano eventuali intrusioni. Spiace dirlo, ma con una soluzione simile potrebbe sempre esserci chi, per fare il furbo, decide di far emettere alla propria auto il segnale di un mezzo di soccorso o delle forze dell’ordine per far spostare gli altri veicoli o far diventare verdi i semafori. Una situazione questa che è stata ovviamente affrontata, e nel caso di “hacking” del sistema automaticamente l’identificativo originale dell’auto viene rigirato alle forze dell’ordine per intervenire.
Questo è l’unico caso in cui viene “rotta” la privacy: durante l’uso normale non è possibile collegare in alcun modo i dati delle singole auto ai singoli proprietari. Non solo: proprio per aspetti legati alla privacy e alla sicurezza dei dati lo standard scelto dall’europa, nonostante l’infrastruttura simile, è diverso da quello americano che ha requisiti meno stringenti in termini di protezione dei dati e di accesso dei dati da parte delle autorità che ne fanno richiesta.
In Europa una macchina emette un segnale anonimo che indica la posizione, il tipo di macchina e alcuni comportamenti come la frenata improvvisa (per avvisare le auto che la precedono) o la velocità (per capire se ci sono code), ma se una macchina sta sorpassando il limite di velocità o si trova in una zona vietata è un tipo di dati che può essere inviato solo in forma anonima. La polizia, per esempio, potrà ricevere un avviso che c’è un auto che viaggia a 250 km orari su un determinato tratto di strada ma non potrà sapere chi la guida: deve intervenire sul posto bloccando la folle corsa.
Una soluzione simile sarebbe utile anche per gestire meglio i rapporti tra assicurazioni e clienti: un utente potrebbe scegliere di far cadere dei paletti legati alla privacy per pagare meno di assicurazione, anche perché grazie al V2X è possibile tracciare l’auto per il furto, controllare le dinamiche degli incidenti e registrare i comportamenti alla guida. Ad oggi però questa fase non è prevista: l’obiettivo è ridurre le code, l’inquinamento e gli incidenti.
Il platooning: così i tir ridurranno consumi e emissioni.
Un tir da 40 tonnellate percorre con ogni litro di carburante circa 2/3 km: un semaforo rosso, che costringe un tir a fermarsi, implica il consumo di almeno 1 litro di carburante per tornare nuovamente alla velocità di crociera di 70 km/h, tutto questo con quello che ne consegue a livello di costi e inquinamento. La tecnologia sta per mettere fine però a tutto questo: NXP e DAF, uno dei principali produttori mondiali di camion, stanno lavorando attivamente per portare su strada una soluzione chiamata “Platooning”, camion connessi tra loro che riescono a guidare sincronizzati e vicini sfruttando così i benefici aerodinamici del treno per abbattere il consumo e migliorare la sicurezza.
Il “platooning” è una idea europea, ed è stata proprio l’Unione Europea il principale sponsor dell’European Truck Platooning Challenge, una sfida sulle strade del nostro continente per promuovere un trasporto su gomma sostenibile.
Il principio del platooning è semplice: il camion davanti guida, gli altri si accodano come vagoni sincronizzandosi agganciandosi agli altri veicoli con la tecnologia V2X: accelerazione, frenata e ogni tipo di problema vengono trasmessi dal camion frontale a quello subito dietro, con tempi di risposta che sono a dir poco incredibili. NXP e DAF, grazie alla tecnologia RoadLink, riescono a gestire senza problemi una fila di camion che viaggiano collegati tra loro a 11 metri di distanza e ad una velocità di 80 km/h, praticamente un ritardo di 0.5 secondi tra un camion e un altro.
Ed è solo l’inizio: nel 2017, ci dice Kurt Sievers, General Manager di NXP Automotive, questa distanza verrà ridotta a soli 7 metri, praticamente 0.3 secondi di distanza a 80 km/h. “Pensate – prosegue Sievers – stiamo parlando di un tempo di reazione che è 30 volte maggiore di quello di un essere umano”. L’applicazione della tecnologia V2X ai trasporti non si limita solo al collegamento dei veicoli tra loro: i veicoli sono in grado infatti di gestire e controllare quello che accade in strada, come per esempio vedere con anticipo di un km lo stato del semaforo. “Così facendo si può ridurre la velocità per passare quando c’è verde – dice Sievers – e soprattutto si evitano frenate brusche se sta arrivando il rosso”.
Tra le altre funzionalità del platooning c’è anche il rilancio del segnale video da camion a camion: chi sta dietro può vedere quello che vede il conducente che guida il camion frontale grazie alle videocamere poste di fronte. NXP e DAF hanno ovviamente pensato anche a tutte le implicazioni legate alla sicurezza e alla gestione della flotta: se una macchina si immette tra due camion la distanza viene aumentata automaticamente e ovviamente se un camion del “treno” prende uno svincolo il flusso si ricompatta automaticamente per chiudere il buco. “Ad oggi non è prevista la guida autonoma ma è qualcosa che in futuro potrà sicuramente essere utile, soprattutto per i camion che seguono. Un autista a bordo ci sarà sempre, ma potrà comunque lasciare anche il volante oltre ai pedali per lunghi tratti autostradali”. Potevamo rinunciare ad un lungo giro su questi colossi intelligenti? Ovviamente no, ecco come è andata.
fonte: Transportonline
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