Toninelli: abbiamo bisogno di giovani ingegneri, e apriremo un’Agenzia per il Controllo delle infrastrutture

Posted by Dario Favaretto
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Riportiamo l’intervento del Ministro Toninelli al Congresso Nazionale degli Ingegneri 2018.

“Buongiorno a voi tutti,

sono davvero felice di essere qui in questa importante occasione, innanzitutto perché nei primi tre mesi, o poco più, di mandato al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ho maturato una profonda convinzione: in un Paese in cui c’è chi straparla a vuoto e chi invece agisce davvero per il bene di tutti, voi per professione e, direi, per missione, vi trovate dalla parte di chi fa, di chi realizza, di chi costruisce in modo concreto.

Lo dico continuamente: la prima grande opera da realizzare in Italia è l’insieme delle tante piccole opere di cui questa nazione ha disperato bisogno. Questo non significa che non servano le grandi infrastrutture, anzi: il Paese ha bisogno di essere collegato meglio al suo interno e verso l’esterno.
Ma è evidente che manca in primis la manutenzione ordinaria: la prima vera emergenza è superare la logica dell’emergenza.

La nostra splendida Italia è antica, fragile, in tante aree direi pericolante. I centri storici sono scrigni delicatissimi, il rischio sismico è sempre alto. E le infrastrutture, figlie in gran parte del boom economico a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta, stanno irrimediabilmente invecchiando senza che lo Stato se ne sia preso davvero cura.
Quello che è successo a Genova mi torna in mente continuamente, ci penso tutte le sere prima di addormentarmi. E rifletto su come sia potuta accadere una tragedia del genere.

Eppure quel ponte, negli anni Sessanta, divenne subito il simbolo della genialità ingegneristica italiana, dello spirito di impresa, della fantasia e del coraggio di un Paese che era risorto rapidamente dalle macerie del Dopoguerra e viaggiava veloce verso la dimensione di grande potenza economica mondiale. Certo, parliamo di un processo che avvenne tra mille contraddizioni e spesso fuori dalle regole. Basti pensare al disordinato sviluppo urbanistico che conobbero molte nostre periferie.

Eppure, oggi, appare alquanto ingeneroso prendersela con Morandi per quanto è successo a Genova. La colpa, piuttosto, è di chi quel ponte lo aveva in custodia e doveva manutenerlo. Con la complicità di uno Stato che, a partire dalla fine degli anni Novanta, ha arretrato e si è ritirato così tanto da rinunciare dapprima al proprio ruolo di gestore e poi persino a quello di controllare puntuale e rigoroso.

Uno Stato che si è fatto da parte per colpa di una politica che ha preferito lasciare il bottino in mano a certi potentati economici in cambio di poltrone, di favori e soldi ai partiti.
I ponti che si trovano nelle città non sono mai solo un collegamento infrastrutturale per superare fiumi o valli. Ma hanno sempre un valore iconico, identitario. Raccontano il genio di un luogo e di un’epoca. Lo stesso vale per quella sorta di cavalletto inventato da Morandi, che all’epoca raffigurava un equilibrio ardito di pesi e contrappesi.
Ora, il nuovo ponte, che faremo fare allo Stato, con il sigillo dello Stato, dovrà raggiungere due traguardi. Da una parte darà il senso della svolta di un settore pubblico che torna a prendersi cura della sicurezza dei cittadini che viaggiano. Dall’altra segnerà la rinascita di una città come Genova che attraverso la nuova infrastruttura darà a tutto il mondo il senso della propria evoluzione e traccerà una linea ideale, sospesa tra mare, cielo e terra, verso un orizzonte, un futuro da conquistare.

Il nuovo ponte sarà l’immagine di una città che cambia pur restando fedele alla propria storia di centro attivo, dinamico e laborioso.
A Genova, le risorse che verranno attivate dalla ricostruzione del ponte Morandi devono diventare il primo, grande motore dello sviluppo di quella parte dell’area urbana. Dunque, anche il piano urbanistico andrà modificato profondamente attorno alla grande infrastruttura.

La tragedia del Polcevera ci insegna ciò che in realtà stiamo dicendo dall’inizio di questa avventura di governo e, ancor prima, con la mia forza politica: stop alle grandi opere inutili che feriscono il territorio e non si integrano in esso, che non costituiscono nemmeno un driver di sviluppo. Bisogna cambiare approccio. La prima emergenza del Paese è la manutenzione ordinaria, tutte quelle piccole opere che tra l’altro rappresentano un volano decisivo per la crescita e la ricchezza dell’Italia, anche se non accendono i dibattiti, non portano consenso o voti. Opere che tuttavia danno sicurezza, vero benessere e qualità della vita ai cittadini.

Voi siete e dovete essere sempre di più al centro di questo rilancio. Non penso soltanto a ponti, viadotti e gallerie. Penso all’edilizia scolastica, alla riqualificazione urbanistica e degli edifici, al dissesto idrogeologico e alla cura del territorio.
Manutenere l’esistente, all’insegna della rigenerazione: questa è la nostra prima missione. E al tempo stesso immaginare, proiettare il Paese verso il futuro. Questo è il vostro compito e lo Stato deve consentirvi di liberare tutte le vostre energie, di sfruttare appieno le vostre enormi competenze.
Allora è assurdo, paradossale vedere tanti giovani ingegneri a spasso o precari, umiliati, che sopravvivono con piccoli incarichi a termine o a giornata, in una nazione che rischia nel frattempo di cadere a pezzi.
Abbiamo bisogno di voi. Per questo il mio ministero sta per lanciare un reclutamento straordinario di professionisti per controllare, per verificare lo stato delle nostre infrastrutture, a partire da quelle più critiche. Costituiremo un’agenzia pubblica indipendente per il controllo dei concessionari e per le ispezioni con ingegneri pubblici.

La nostra struttura, che deve gestire la sorveglianza delle infrastrutture attraverso le verifiche, avrebbe dovuto contemplare 250 elementi, tutti ingegneri specializzati. Ne ha invece 118, di cui la metà sono impiegati. Questo è lo Stato che ci hanno lasciato gli esperti della politica. In questa agenzia metteremo tanti professionisti come voi a controllare finalmente chi si è appropriato della cosa pubblica grazie a un regalo dei vecchi partiti.
La tecnologia ci consente ormai di sorvegliare le opere in modo molto preciso. Presso il mio ministero si stanno facendo riflessioni importanti con il Cnr e con l’Agenzia spaziale italiana rispetto alla possibilità di coinvolgere, ad esempio, il sistema satellitare nello screening delle infrastrutture.
E faremo in modo che chi gestisce i manufatti debba installare dei sistemi di monitoraggio dinamico in modo da alimentare costantemente una banca dati centrale che sarà contemplata dal cosiddetto decreto Genova.

Anzi, il nuovo Codice dei contratti avrebbe dovuto aprire davvero il mercato dei SIA (Servizi di Ingegneria e Architettura) ai professionisti di piccole e medie dimensioni. Questo non è accaduto e l’allargamento delle occasioni di lavoro, con una significativa riduzione dei requisiti di partecipazione alle gare per gli operatori di piccole e medie dimensioni, resta uno dei temi al centro della nostra attenzione.

Ho parlato di riqualificazione e rigenerazione urbana non a caso. La mia forza politica e il mio governo credono fortemente in questo approccio. Non a caso stiamo lavorando a innovazioni importanti che possano rendere sempre più efficaci misure come l’ecobonus oppure l’ultimo arrivato, il sismabonus, che ancora stenta a dare i frutti attesi.

Grazie davvero di avermi invitato: vi auguro una fruttuosa tre giorni di lavori. Abbiamo, avete di fronte un grande momento di vorticose innovazioni normative, tecnologiche e di mercato. Lo Stato, il governo però vi ascoltano e vi chiedono una mano importante, vi chiedono di giocare un ruolo cruciale nel tentativo di dare più valore alla vita di tutti noi attraverso la sicurezza, l’efficienza, la qualità delle nostre infrastrutture.
Genova e l’Italia tutta non rinascono senza di voi. Grazie.”

Danilo Toninelli

Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti

fonte: ingenio

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