Logistica a caccia di manager esperti di problem solving
Ci sono pochi manager della logistica sul mercato e molti necessitano di formazione per intercettare l’evoluzione di questa figura, che oggi non richiede più soltanto competenze tecniche, ma sempre più soft skill capaci di assecondare i grandi trend della globalizzazione e della tecnologia.
È l’immagine che si ricava dalle parole degli addetti ai lavori, che fotografano una situazione per molti versi paradossale per un mercato del lavoro a livello manageriale da tempo in sofferenza in Italia.
«Negli ultimi anni la domanda di questi professionisti è cresciuta sensibilmente, dato che non riguarda più soltanto le aziende dei trasporti, ma anche settori come la grande distribuzione, il largo consumo, l’abbigliamento e i servizi», spiega Paolo Bisogni, presidente di Ailog (Associazione italiana di logistica e supply chain management) e docente all’Università Cattolica.
«A fronte di questo scenario c’è un ricambio generazionale limitato, dato che pochi giovani scelgono un percorso universitario nel campo della logistica, preferendo piuttosto focalizzarsi su ambiti come il marketing e la finanza, che pure hanno spazi occupazionali limitati».
Di manager già formati ce ne sono sul mercato, ma non sempre hanno la preparazione richiesta dalle aziende.
«Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a due grandi motori che hanno trasformato il modo di fare impresa: la globalizzazione e le tecnologie», ricorda Bisogni. «Chi non riesce a padroneggiare questi aspetti, rischia di essere tagliato fuori dal mercato».
L’esperienza personale di Angelo Casero, global head of supply chain di Automotive Lighting Company (gruppo Magneti Marelli), lo porta a conclusioni simili. «Nel mercato non si ragiona più solo in ottica di logistica, limitata al deposito e trasporto di merci, ma di supply chain, che comprende i colloqui con la produzione, le previsioni su costi e tempistiche dello stoccaggio, la negoziazione con altre parti, il tutto con tempi di risposta che devono essere sempre più veloci ».
Dato il contesto, le conoscenze ingegneristiche restano solo come pre-condizione per affermarsi sul mercato. «Lo sviluppo delle relazioni personali, la capacità di prevenire i problemi e gestirli quando si presentano diventano altrettanto importanti». Un’analisi condivisa da Gino Marchet, che dirige l’osservatorio Contract Logistics del Mip-Politecnico di Milano. «Dopo le difficoltà del 2013, nell’ultimo biennio i trasporti conto terzi hanno rialzato la testa, complice il decollo dell’e-commerce anche da parte di aziende attive nei settori tradizionali dell’economia, come l’alimentare e i libri».
Per il professionista del settore questo significa un «aumento delle complessità nel lavoro quotidiano, per via della necessità di far convivere modalità differenti per far arrivare la merce a destinazione». Così Marchet vede spazi di mercato solo per i manager capaci di dominare «la logica omnichannel , con capacità di programmazione e al tempo stesso di rapida risposta alle esigenze del momento».
Competenze che non si acquisiscono all’università, ma sul campo o frequentando corsi specialistici, in crescita negli ultimi tempi. Vede un mercato del lavoro dinamico anche Francesco Tamagni, managing director di Intermedia Selection:
«In questo momento la richiesta di manager logistici è seconda solo al settor degli acquisti». Confermando l’importanza di possedere grande dimestichezza con la tecnologia: «Controllo da remoto, automazione completa del magazzino sono basilari per la funzione».
Fabio Ciarapica, senior partner di Aegis Human Consulting Group, concorda sul punto che a fare la differenza oggi è «la capacità di creare valore», il che comporta «la capacità di presidiare il conto economico, di garantire risposte tempestive per la clientela, che compra sempre più online e vuole la consegna sotto casa, in un giorno». E altri grandi cambiamenti sono all’orizzonte: «I futuri manager della logistica si confronteranno con veicoli self driving, con soluzioni informatiche come la realtà aumentata (pensiamo a occhiali aumentati per supportare le operazioni umane di ricerca dei prodotti all’interno di un magazzino), fotocamere per gestioni a distanza, localizzatori Gps non solo delle merci ma anche degli operatori», aggiunge l’head hunter.
Mentre Alessia Palma, consultant a Milano di Kelly Services, rivela che «le maggiori opportunità sono offerte dai servizi logistici avanzati a supporto della multicanalità. Vi sono sempre più imprese il cui fatturato dipende in parte considerevole dall’online». Da qui la richiesta di selezionare «manager con spiccate doti di leadership, in grado di portare innovazione nella funzione logistica attraverso un efficientamento di flussi e processi e una significativa riduzione dei costi, grazie al continuo monitoraggio dei kpi (key performance indicators, ndr)».
Quanto ai livelli retributivi, il quadro è molto diversificato dato che, ricorda Bisogni, «nelle Pmi spesso il manager della logistica è poco sopra il quadro, mentre nelle multinazionali quasi sempre è presente un vice president con responsabilià nel settore». Ciarapica segnala che lo stipendio annuale nelle medie aziende viaggia tra i 70mila e i 90mila euro, mentre i supply chain manager delle realtà più strutturate arrivano a 120mila e i director/vice president possono spuntare anche 200mila euro, con la componente variabile legata ai risultati che acquista un peso crescente.
Non si discostano di molte le rilevazioni di Tamagni, che indica nelle realtà fino a 300 milioni di euro una ral tra 90mila e 130mila euro, col variabile che può pesare fino al 20%, mentre nelle realtà più grosse si può arrivare anche 200mila euro, oltre ai premi di risultato che possono aggiungere il 30-40%.
fonte: Repubblica.it
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