Secondo un rapporto pubblicato da Price Bailey, una delle più grandi società di consulenza finanziaria della Gran Bretagna, nell’ultimo anno 463 imprese di trasporto britanniche hanno dichiarato bancarotta, più del doppio rispetto a due anni fa. I dati forniti mostrano che il numero delle aziende del settore entrate in insolvenza nel 2020/21 era 225 e da allora sono aumentate del 173% raggiungendo il valore attuale.
Un monito era già stato lanciato da diverse associazioni di settore alla fine del 2022, quando i meccanismi di sostegno alle imprese introdotti durante la pandemia sono stati rimossi causando una prima impennata di insolvenze. Secondo Price Bailey, il settore dei trasporti sarebbe schiacciato da una convergenza di fattori tra cui le crescenti spese generali, guidate dagli aumenti del costo del carburante e dei salari di conducenti e impiegati, così come la crescita dei tassi di interesse che hanno reso gli investimenti sempre più costosi, soprattutto dopo la Brexit e pandemia.
L’aumento del prezzo del carburante è stato uno dei fattori che più di ogni altro ha messo in crisi i trasportatori. Nel 2022 i prezzi della benzina sono aumentati in media del 23% e del gasolio del 27%, per cui ogni camion con una percorrenza mensile di quindicimila chilometri è costato fino a seimila sterline in più all’anno.
Anche la carenza di autisti, che in Gran Bretagna è stata aggravata dalla Brexit, ha contribuito ad aumentare i costi operativi. La mancanza di conducenti di mezzi pesanti formati e qualificati ha infatti avuto un impatto sui costi sostenuti per assumere e trattenere gli autisti o per la necessità di formare nuovo personale provvedendo a finanziare l’acquisizione di patenti e licenze. I salari degli autisti, inoltre, sono aumentati anche dopo l’ultimo aggiornamento del Pacchetto Mobilità, che ha anche modificato sostanzialmente la gestione operativa dei mezzi, dei rientri alla base e dei riposi in cabina.
Lo studio pubblicato da Price Bailey prosegue analizzando le conseguenze della Brexit, che ha complicato la burocrazia doganale e causato ritardi che hanno compromesso l’operatività dei trasportatori. La potenziale armonizzazione degli accordi e delle regole esistenti – si legge – aiuterebbe il settore, così come piccoli accorgimenti quali la rimozione dei controlli doganali tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
Un impatto significativo sui trasporti sarebbe causato anche da una recessione o comunque un’economia tutt’altro che in crescita, con l’aumento del costo della vita che spingerebbe clienti e consumatori a riconsiderare le proprie strategie, ma anche dalla crisi energetica avrebbe esercitato una pressione al ribasso sulla domanda.
L’analisi di Price Bailey si conclude con una riflessione sulla rivoluzione tecnologica ed il passaggio a veicoli elettrici, con tempistiche difficili da calcolare e tornaconti economici non sempre positivi e certamente non immediati. Tutti questi fattori, secondo l’agenzia, si vanno a sommare alle difficoltà tipiche di ogni impresa, come una cattiva gestione del flusso di cassa, ritardi o mancati pagamenti da parte dei clienti, spese generali elevate, cattivo controllo dei costi o semplici decisioni o strategie errate.
Un commento sulla difficile situazione dei vettori britannici è arrivato anche dalla Road Haulage Association, l’associazione degli autotrasportatori britannici: “Gli autotrasportatori operano con margini risicati, in genere intorno al 2%, quindi aumenti significativi dei costi possono esercitare un’enorme pressione sulle imprese lungo la catena di fornitura. Quest’anno abbiamo visto i costi di gestione di un camion aumentare di oltre il 10% con volumi di trasporto merci su strada ridotti e una minore domanda mentre continuano le sfide relative al costo della vita. Stiamo esortando il governo a offrire un sostegno più concreto al nostro settore per rallentare l’aumento dei costi e rilanciare l’economia. Chiediamo uno sconto legato alla riduzione delle emissioni di CO2, per aiutare gli operatori a passare a carburanti come l’olio vegetale idrotrattato, ed il congelamento delle imposte sul carburante diesel. Vogliamo anche una riforma della tassa sull’apprendistato per aiutare le aziende a reclutare e formare nuovi autisti e meccanici in modo più efficiente in termini di costi”.
Fonte: trasportoeuropa.it