e-Commerce e resi gratuiti, i costi nascosti della Reverse Logistics
Secondo il Politecnico di Milano l’eCommerce B2C in Italia supererà quest’anno il valore di 23 miliardi di euro, il 16% in più rispetto al 2016. È una crescita trainata dalle vendite online di prodotti, che hanno raggiunto in valore quelle dei servizi. Cosa che rende la logistica un fattore sempre più decisivo per il successo dell’eCommerce.
Si è parlato molto di come si gestisce in Italia la logistica “diretta” dell’eCommerce, cioè il processo che consegna i beni acquistati online. Ma c’è anche una logistica “di ritorno” (Reverse Logistics) per i prodotti che i consumatori restituiscono. Si rende per vari motivi: guasti, recall, fine-vita. Ma l’eCommerce ha fatto crescere enormemente i resi per insoddisfazione: il prodotto non è quello ordinato, non è della misura giusta, si è danneggiato nel trasporto, ecc.
Molti venditori se ne sono accollati i costi (reso gratuito) per dare impulso alle vendite online, e ora il consumatore lo considera diritto acquisito.
Non c’è dubbio che il reso gratuito sia una potente arma di promozione. Un’indagine di Washington and Lee University e University of Virginia (Journal of Marketing) ha accertato che i consumatori riducono la spesa del 75-100% in due anni sui siti eCommerce che introducono la restituzione a pagamento e le aumentano dal 158 al 457% in due anni su quelli che introducono la restituzione gratuita. Stesso discorso per la consegna gratuita, spesso citata dai consumatori come primo driver per comprare online più spesso.
GARTNER: UNA “BOMBA A OROLOGERIA” PER IL MULTICHANNEL RETAILING
Il punto è che con le dimensioni che ha raggiunto l’eCommerce, in settori come abbigliamento e calzature, lusso, elettronica di consumo, accessori, design, i costi di gestione delle restituzioni in alcuni casi possono arrivare a minare la stessa convenienza del business online, soprattutto per venditori online medi e piccoli, come racconta qui il Guardian. Già tre anni fa, Gartner parlava dei resi come una “bomba a orologeria” per il multichannel retailing. E KPMG nel suo report “Future-proof your Reverse Logistics” scrive: “I resi rappresentano un costo crescente, e pongono diverse sfide molto specifiche… Possono sembrare una piccola componente dei processi logistici, ma un return management inefficiente impatta in modo significativo sui profitti e sulla quota di mercato”.
Per dare qualche numero, la percentuale generale dei resi è dell’8-9%, negozi compresi (fonte National Retail Federation). Ma per l’eCommerce si sale per diverse fonti al 25-40% nei settori più soggetti al fenomeno. Secondo Invesp per esempio almeno il 30% dei prodotti comprati via eCommerce vengono restituiti, mentre per Narvar il 48% di chi ha comprato online negli ultimi 12 mesi ha restituito almeno un ordine. Per di più l’andamento dei resi è stagionale, con picchi in periodi di forti acquisti come le feste natalizie. UPS ha rilevato una domanda tale di restituzioni il 5 gennaio (1,3 milioni di pacchi) da battezzare questo giorno “National Returns Day”.
Ecco il “serial returner”: compra più prodotti sapendo già che ne restituirà alcuni
Una causa dell’esplosione dei resi è che con l’eCommerce il prodotto non si può toccare e provare. Il reso gratuito ha fatto nascere la figura del “serial returner”: secondo un’indagine Barclayscard il 30% degli “E-shopper” compra deliberatamente più prodotti di quelli che intende tenere (percentuale che per Narvar è addirittura del 40%), e il 19% ordina più versioni dello stesso prodotto (misure diverse, colori diversi) per poi scegliere a casa quella preferita, restituendo le altre (trend ovviamente diffuso anche in Italia). Inoltre il 58% dice che la policy di gestione dei resi del venditore influisce sulla propria decisione di comprare, e il 47% non comprerebbe se la restituzione non fosse gratuita. Dall’altra parte della barricata, il 57% dei venditori rileva un impatto negativo della gestione dei resi sull’operatività quotidiana, e il 31% anche sui margini di profitto. Cosa a cui il 33% reagisce lasciando gratuita la restituzione ma facendo pagare la consegna, e il 20% semplicemente aumentando il prezzo dei prodotti.
Tipicamente infatti il consumatore a parità di esborso accetta più facilmente un prezzo d’acquisto più alto che la restituzione – o la consegna – a pagamento. Infine il 22% dei retailer con negozi fisici non fa eCommerce perché teme costi e complessità della gestione logistica di consegne e resi. Non c’è più infatti una certezza così granitica sul fatto che l’eCommerce abbia sempre e comunque margini nettamente superiori alla vendita fisica nei negozi. Vendere online conviene, spiega Forbes, quando il margine di profitto lordo (prezzo meno costo del prodotto) supera la somma del costo marginale di acquisizione del cliente e del costo logistico. Il costo di acquisizione per alcuni sta crescendo, ma il tema di questo articolo è il costo logistico, difficile da prevedere proprio per la componente di gestione dei resi, specialmente se gratuiti, cioè totalmente a carico del merchant.
KPMG: un reso costa anche il doppio di una consegna. La reverse logistics infatti non è l’inverso della logistica diretta come il nome fa pensare: ha meccanismi completamente diversi.
Prima di tutto si basa su tanti piccoli ordini con tempistiche estremamente difficili da pianificare. E poi prevede più passaggi ed è molto più labour-intensive, perché deve instradare il prodotto restituito su circuiti diversi in funzione di cosa si è deciso di farne. Raramente può essere rivenduto al prezzo originale, e spesso viene considerato per vari motivi invendibile, creando anche un problema ambientale: secondo Environmental Capital Group, ogni anno due milioni di tonnellate di prodotti restituiti finiscono in discarica.
Restando solo sul piano economico, secondo Iain Prince, Supply Chain Director UK di KPMG, citato dal Financial Times, il costo della gestione logistica di un reso può essere doppio rispetto a quello della consegna “diretta” dello stesso prodotto dopo l’acquisto online. E non è un problema solo dei merchant online piccoli o medi. È illuminante una dichiarazione a Bloomberg di John Idol, CEO di Michael Kors, brand del lusso da 4,7 miliardi di dollari di fatturato e oltre 550 negozi: “Sfortunatamente oggi l’eCommerce genera un profitto operativo minore dei negozi fisici. Pensiamo che nel tempo questo rapporto si rovescerà, ma se il consumatore si aspetta consegna gratuita, restituzione gratuita, bellissimi package, e sempre più ordina diversi modelli per provarli a casa e restituire i meno graditi, tutto questo ha chiaramente un impatto negativo per noi”. Il punto è però che l’eCommerce rimane un’opportunità spesso irrinunciabile per ampliare e internazionalizzare il proprio business a costi accessibili, specialmente per le PMI. E difficilmente i consumatori rinunceranno ai vantaggi acquisiti.
Insomma, i resi dell’eCommerce sono un problema con cui convivere. Occorre minimizzarli e ottimizzarne la gestione. E i merchant più avanzati hanno già iniziato a sperimentare soluzioni di vario tipo, basate su tre elementi: tecnologie digitali, servizi di terzi, e negozi fisici.
fonte: Digital 4 Supply Chain
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