Il New Normal e la leva del digitale: 5 cose (più una) che non saranno più come prima
La diffusione della pandemia del Covid-19 ha costretto la nostra società a cambiare rapidamente le proprie abitudini, così da limitare l’ulteriore diffusione della malattia. In poco tempo abbiamo imparato a familiarizzare con una serie di termini prima sostanzialmente conosciuti, dalla filosofica resilienza al minaccioso lockdown, fino ai pragmatici DPI e distanziamento sociale. E abbiamo cominciato a ragionare con una nuova scansione dei tempi, non più in giorni o settimane, ma in Fasi. Fase 1, Fase 2, Fase 3…
In poco tempo, abbiamo capito che noi, le nostre città, le nostre imprese, avremmo dovuto resistere al cambiamento, e adattarci a nuove modalità che non sarebbero state transitorie, a partire dalla necessità di mantenere un minimo di distanziamento tra le persone (almeno un metro di distanza) per ridurre l’indice di trasmissione della malattia, e di attenerci ai disciplinari messi a punto dal Ministero della Salute che stabiliscono nel dettaglio le misure precauzionali che le organizzazioni (pubbliche e private) sono tenute ad adottare, così da limitare il rischio della creazione di nuovi focolai sui luoghi di lavoro.
Cinque cose (+1) che non saranno più come prima
A distanza di tre mesi dallo scoppio della pandemia, abbiamo anche capito che non tutto tornerà come prima e che tutti dovremo adattarci a quello che viene ormai definito “New Normal”. Vediamo dunque cosa significa New Normal per il mondo delle imprese. In cosa si traduce la nuova normalità cui dovremo adattarci.
Sharing economy e Gig Economy
Nell’era pre Covid-19 (possiamo definirla così) da un lato si stava affermando un modello di economia basato non sul possesso ma sull’utilizzo dei beni, in primis naturalmente car sharing e bike sharing, oggi messo in discussione da tutte le problematiche legate alla sanificazione dei veicoli; dall’altro era in costante crescita il numero dei cosiddetti gig-worker, il lavoratori della gig-economy, considerati a metà strada tra liberi professionisti, freelance e lavoratori saltuari. Se nel primo caso sarà necessario identificare nuove forme di erogazione di questi servizi, nel secondo lo sviluppo esponenziale del lavoro agile e dello smart working ha aperto la strada a una diversa considerazione di questi professionisti, divenuti risorsa preziosa in tempi di disruption proprio per la loro attitudine alla flessibilità e all’agilità.
Gestione delle supply chain e delle filiere di fornitura
La chiusura dei mercati ha portato con sé una vera e propria disruption nelle catene di fornitura. La carenza di prodotti e componenti provenienti dai Paesi colpiti dalla crisi pandemica ha costretto molte imprese a rivedere le politiche di sourcing e approvvigionamento, sia aggiungendo fornitori alternativi, sia incentivando l’utilizzo di prodotti e servizi locali.
Business Continuity
Insieme a resilienza è l’altra parola chiave di questi tre mesi. Va detto che se per le grandi imprese Business Continuity Plan e Disaster Recovery Plan sono practice comuni, per l’universo delle piccole e medie imprese sono state per troppo tempo considerate alla stregua di un lusso non necessario. L’emergenza Covid-19 ha messo in luce come sia necessario dotarsi di piani di contingenza per non trovarsi in difficoltà in caso di disruption per carenza di materie prime, mancanza di personale, problematiche IT.
Bilanci e liquidità
Una crisi come quella derivante dalla pandemia da Coronavirus ha evidenziato quanto sia importante tutelare l’azienda in periodi di “shock”, prestando maggiore attenzione alla gestione del capitale circolante: inventari, interessi debitori e creditori, spese generali, livelli e fonti di finanziamento, gestione del flusso di cassa.
Lavoro agile
Durante l’emergenza il lavoro agile è diventata una necessità e anche le realtà più riluttanti hanno cominciato a misurarne i benefici anche in termini di riduzione della spesa destinata a uffici e servizi. Parallelamente è cresciuto in modo esponenziale l’utilizzo di piattaforme digitali, e presumibilmente la tendenza proseguirà anche nei mesi a venire.
Il luogo di lavoro
Per quanto attiene il luogo di lavoro è necessario guardare all’evoluzione che questo ambiente ha vissuto in questo periodo in funzione delle circostanze, delle priorità, delle emergenze e dei vincoli che sono arrivati dalla normativa.
Il luogo di lavoro nelle Fasi 2 e 3
Sicuramente la nuova normalità ha un impatto molto evidente sull’organizzazione dei luoghi di lavoro, per i quali è richiesta l’adesione al “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure anti-contagio negli ambienti di lavoro”, adottato il 14 marzo e integrato il 24 aprile.
Dietro tutte queste misure, fondamentalmente, c’è sempre la necessità di mantenere il più possibile il distanziamento sociale anche sui luoghi di lavoro.
Ma vediamo più da vicino cosa prevedono le normative.
Il primo passo indispensabile per l’accesso ai luoghi di lavoro è la registrazione della temperatura corporea. Se questa risulterà superiore ai 37,5°, non dovrà essere consentito l’accesso e questi soggetti dovranno contattare nel più breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni. Inoltre il personale, e chiunque intenda fare ingresso in azienda, non può accedere se negli ultimi 14 giorni ha avuto contatti con soggetti risultati positivi al Covid-19.
Sono previste particolari formule per evitare gli assembramenti: in particolare, la logica è quella di favorire orari di ingresso/uscita scaglionati dei lavoratori per evitare, il più possibile, contatti nelle zone comuni (ingressi, spogliatoi, sala mensa). Inoltre, laddove possibile, occorre dedicare una porta di entrata e una porta di uscita da questi locali e garantire la presenza di detergenti segnalati da apposite indicazioni. Gli stessi spostamenti all’interno dell’azienda devono essere limitati al minimo indispensabile e nel rispetto delle indicazioni aziendali. Ovviamente, le imprese devono procedere a una adeguata organizzazione degli spazi e una regolare sanificazione degli stessi, in particolare per quanto riguarda gli ambienti comuni. L’allestimento di queste misure precauzionali comporta costi non indifferenti per le imprese: ecco perché, già a partire da marzo, il Governo – tramite Invitalia – ha promosso il bando Impresa Sicura, che consente il rimborso delle spese sostenute per i cosiddetti Dispositivi di Protezione Individuale: (mascherine filtranti, chirurgiche, FFP1, FFP2 e FFP3, guanti in lattice, in vinile e in nitrile, dispositivi per protezione oculare, dispositivi per la rilevazione della temperatura corporea, ecc).
La tecnologia a supporto del New Normal
È evidente che il rispetto di queste nuove normative passa sicuramente dall’adozione di puntuali processi interni e da un’apposita formazione di dipendenti e collaboratori. Ma non solo: la tecnologia può dare un supporto fondamentale a ottenere i risultati richiesti dalle normative per la tutela della salute dei lavoratori, a partire per l’appunto dal distanziamento sociale. Alcuni esempi di questa impostazione sono i wearable di cui i dipendenti possono essere dotati per favorire il rispetto del distanziamento, ma anche le app da cui passa l’applicazione delle policy aziendali e l’invio dei sistemi di alert. Più in generale, nella Fase 2 una maggiore automazione sarà un supporto indispensabile per garantire la sicurezza degli ambienti lavorativi: grazie all’industrial internet of Things diventa infatti possibile remotizzare molte delle attività di ordinaria manutenzione di beni strumentali come impianti e macchinari, il controllo della produzione e della qualità. La mixed reality può invece abilitare lo svolgimento da remoto anche di interventi complessi come il montaggio, l’installazione e l’avviamento operativo di un impianto produttivo.
La visione di Vodafone Business: Vodafone Unlock
Proprio la tecnologia è l’arma con cui Vodafone Business – la divisione di Vodafone Italia dedicata alle PMI, grandi aziende e alla Pubblica Amministrazione – intende supportare il tessuto produttivo italiano per una ripartenza in piena sicurezza. Tutto questo grazie a un portafoglio di strumenti e servizi innovativi declinati nella proposta Vodafone Unlock, che imprese e amministrazioni di ogni dimensione e settore possono adottare in modo agile e veloce. Queste soluzioni, in particolare, sono dedicate alla rilevazione temperatura corporea, al controllo degli accessi, al social distancing per il controllo dei flussi e alla purificazione degli ambienti.
Per quanto riguarda il delicato tema del social distancing, Vodafone può mettere in campo un vero e proprio sistema di controllo della distanza tra le persone e il numero degli occupanti di una specifica area, che consente di individuare gli eventuali assembramenti. Si tratta di un dispositivo in grado di misurare in tempo reale la concentrazione di persone in uno specifico luogo, con comunicazione di eventuali attese per gli accessi.
Tutto questo, va precisato, avviene in piena conformità con quanto previsto da GDPR e dalle normative vigenti in materia di tutela della privacy e trattamento delle informazioni sensibili.
Un’altra possibilità offerta per garantire il distanziamento è rappresentata dall’impiego di un braccialetto, indossabile dagli operatori o dai dipendenti, non necessariamente connesso a Internet, che emette un avviso sonoro in caso di avvicinamento a meno di 1 metro di distanza. Monitorando, così, la distanza e il livello di prossimità tra persone, e rintracciando i possibili contatti ravvicinati.
Oltre alle classiche aziende, esistono però imprese che hanno altre tipologie di esigenze, come i centri commerciali, il cui modello di business si basa sulla presenza fisica dei clienti. In questo caso, Vodafone mette a disposizione sistemi integrati che utilizzano le termocamere per rilevare la temperatura al passaggio di più persone, fino a 30 contemporaneamente. Inoltre, le stesse termocamere possono essere utilizzate per dedurre quante persone possono entrare in un determinato spazio e garantire così il necessario distanziamento sociale. Ancora più interessante è la possibilità di abbinare questa tecnologia a un’applicazione che può avvisare in real time l’utente finale, così da prenotare una visita o realizzare un’esperienza d’uso completa. Insomma, le soluzioni sviluppate da Vodafone Business per l’emergenza sanitaria fanno leva sulle competenze acquisite in questi anni in un campo fondamentale per l’innovazione del Paese, quello dell’Internet of Things. Che può dunque essere immediatamente impiegato per ricavare informazioni utili alle imprese che abilitino una ripartenza delle attività in piena sicurezza.
fonte: EconomyUp
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