In ufficio come gli astronauti “più priorità che rapidità”
Per lavorare bene, ridurre gli errori e non rischiare di gettare al vento parte del proprio lavoro, quel che conta, più che la velocità, è l’ordine con cui facciamo le cose e l’attenzione che prestiamo ai momenti di passaggio tra un compito e l’altro. Parola della Nasa.
Al lavoro come nello spazio più profondo. Quando si sta negli open space, tra le chiacchiere dei colleghi e le scrivanie ostinatamente disordinate, è bene stare con la stessa consapevolezza di chi deve cavarsela in assenza di gravità. Perché, per non mandare all’aria tutti gli sforzi di una giornata, più che andare il più veloce possibile, si deve stare attenti a scegliere le giuste priorità, si deve riuscire a individuare quella sequenza di cose da fare che permetta di condurle in porto nel miglior modo possibile. Attenzione, più che velocità.
A indicare la strada del più efficace dei comportamenti da tenere in ufficio, è proprio chi ha analizzato quel che fanno gli astronauti nella Stazione Spaziale Internazionale nei momenti in cui, in quegli spazi ristretti dove il tempo dà l’idea di assumere forme nuove, passano da un compito all’altro. Perché gli astronauti di cose ne fanno molte. Portano avanti esperimenti più unici che rari, certo, ma non di rado controllano che i sistemi di bordo funzionino regolarmente o fanno quel che si fa in ogni casa: si pulisce e si sistema. Spesso sono chiamati a passare da un’attività svolta per lungo tempo in solitudine a impegni da svolgere in gruppo. Persino Neil Armstrong, l’Ulisse siderale, l’uomo che toccò la superficie della Luna e tornò indietro, a tutti quelli che hanno cercato di fargli dire quello che provò nei momenti della sua spedizione, ha sempre ribadito che durante quell’impresa non aveva mai avuto il tempo per pensare. “C’era sempre molto lavoro da fare”, aveva ripetuto pure in una delle ultime interviste.
In questo dedalo, tutti possono fare errori. Uno sbaglio per un astronauta può voler dire mandare in fumo anni di preparazione e molti investimenti, ma alle volte anche un errore tra le pareti di un ufficio può costare caro. I ricercatori, dopo tre anni di studio sui comportamenti degli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale sistemati a centinaia di chilometri di distanza, hanno puntato l’attenzione su tre fattori legati a un compito: la complessità, il grado di ultimazione e il livello di consequenzialità con quello successivo.
Tra le evidenze trovate, quella che le transizioni tra compiti sono molto difficili quando il precedente compito è molto complesso e importante o nei casi in cui quel che si stava facendo non è stato ancora ultimato.
E’ proprio in questi casi che il balzo non riesce agevole e si rischia di rimanere invischiati in quella terra di nessuno in cui non si sta più ultimando quel che si stava facendo prima, e non si è ancora iniziato davvero quel che si deve iniziare a fare. E’ da qui che possono nascere gli errori. Per spiegare meglio, il coordinatore della ricerca, Jeffrey LePine, fa un riferimento che inevitabilmente ha a che fare con gli astri: “Quando si guarda a lungo qualcosa di luminoso, anche quando si distoglie lo sguardo, ci resta impressa quella specie di immagine”. Nella mente. Negli occhi. Così è, con gli impegni degli astronauti. Così è, per quelli degli impiegati e dei manager.
Se quel che si stava facendo è molto delicato e complesso, ci rimane dentro. Almeno per un po’. Gli autori della ricerca suggeriscono così che non basta fare una lista di cose da fare quotidianamente, quel che conta di più, quando si sta seduti a una scrivania, così come quando si sta lassù, è capire come e quando passare da un compito all’altro. Maturare quella specie di particolare sensibilità capace di farci scivolare da un impegno all’altro riducendo al minimo gli attriti e le distrazioni. Riuscire a individuare quelle priorità che ci permettano di minimizzare il numero di transizioni a cui si rischia di andare incontro durante la giornata. Aggregare i compiti più semplici tutti insieme, individuare delle piccole attività di debriefing che alleggeriscano il peso del precedente compito, sono alcune delle indicazioni.
Purtroppo però molti dei compiti quotidiani a cui si è chiamati sono pianificati altrove. Accade per gli astronauti e anche per chi è alle prese con cose più terrestri. Per questo LePine sta studiando una specie di “piano di uscita” da ogni compito e sta inserendo quel tipo di attività nella pianificazione di chi organizza le attività degli astronauti. I suggerimenti più utili, si sa, sono quelli che vengono dati a chi organizza il lavoro.
E’ possibile che il futuro ci riservi qualche ulteriore suggerimento per migliorare la nostra giornata negli spazi di lavoro. La ricerca infatti non è ancora finita. LePine con il suo gruppo completeranno lo studio nel 2018 con tre missioni della durata di sei mesi a bordo della Stazione Spaziale. Sarà in quel periodo che, oltre a raccogliere ulteriori informazioni sul comportamento degli astronauti, gli autori della ricerca verificheranno in che grado i suggerimenti dati alla Nasa saranno riusciti a semplificare il passaggio da un compito all’altro e a aumentare la produttività.
fonte: Repubblica.it
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